Fabrizio Coscia*
Più passa il tempo e più si ha l’impressione che l’Italia sia diventato un Paese irreale. Finto come l’immagine che ce ne rimanda la televisione da oltre un trentennio, semplificato e banale nelle sue contrapposizioni come nella piazza virtuale dei social. Così irreale da far sorgere il dubbio se reale sia mai stato, se insomma sia mai stata «fatta» questa Italia, o non sia solo il portentoso ma illusorio prodotto di un immaginario collettivo. È un paradosso, naturalmente, ma nemmeno poi tanto. Basta pensare alla «narrazione» che ci ha ammannito la politica di questi ultimi anni (sempre lontanissima dalla complessità del reale) o solo guardare i politici che si accingono a guidare l’Italia, ed ecco che il senso di irrealtà diventa qualcosa di più di una suggestione.
Poi, però, arriva un libro come questo di Gianni Molinari, #Italia 2018. 60 storie per capire la Terza Repubblica (Guida editori, pagine 146, euro 10, con prefazione di Luca Meldolesi), e ti accorgi che qualcosa di reale, di concreto, di vero esiste e persiste, in questo Paese, al di là dei vuoti proclami, delle campagne elettorali, dello storytelling menzognero. E questo qualcosa Molinari, capocronista de «Il Mattino», lo ha trovato sul campo, per così dire, in cerca di storie di cittadini semplici, su e giù per la penisola, raccogliendole e raccontandole prima sul sito www.Italia2018.com, per 60 giorni, dal 4 gennaio al 4 marzo scorsi, durante le procedure per le elezioni, e adesso in un volumetto che si legge d’un fiato.
Ed è una lettura benefica, che ci fa tirare un sospiro di sollievo, perché ci spalanca le porte su un’Italia che non viene quasi mai raccontata, un’Italia di uomini e donne di ogni età, condizione sociale e provenienza geografica, animati da passioni, sogni e ambizioni quasi sempre realizzati, capaci di migliorare la propria vita e quella del contesto in cui operano.
Storie ecologiche, potremmo definirle. Ma chi sono questi italiani? Sono imprenditori, artigiani, maestre elementari, studenti, commercianti, psicologhe, preti, bagnini, collezionisti, operai, archeologhe, e tutti insieme ritraggono un Paese diverso, che ci infonde una nuova fiducia per il futuro. Bisogna leggerle tutte queste microstorie, perché ognuna nasconde un piccolo mondo dove ci trovi di tutto: orgoglio per le tradizioni di famiglia e per gli antichi mestieri minacciati, amore per il territorio, desiderio di innovare e sperimentare, a volte rabbia e delusione per un fallimento, ma soprattutto tanta caparbietà e coraggio.
Tra le 60 ce ne sono almeno un paio che colpiscono: quella dei pescatori di Favignana che vanno a pesca con le reti «gentili» (ogni pesce ha la sua rete, con le sue maglie), per non far del male agli avannotti e non rovinare la posidonia, ma intercettare solo quello che serve; e la famiglia di Trapani che coltiva e raccoglie il gelsomino ogni giorno, dalle 12 alle 18, da quattro generazioni, per ricavarne la granita, con un procedimento accorto e elaborato. Forse non sono le storie più significative tra quelle raccontate (ce ne sono di esemplari per coraggio civile, intraprendenza, solidarietà) ma sono quelle che offrono un’immagine di gentilezza, di cura, di rispetto che ci piace immaginare come emblema di un’Italia migliore. Di questo e d’altro Molinari parlerà oggi, alle 13, a «Napoli città libro», con il direttore de «Il Mattino» Alessandro Barbano, Luca Meldolesi e Vincenzo Marino.
*Il Mattino, 25 maggio 2018